Il primissimo l'ho realizzato quando ho letto le parole di un amico, che ritengo molto intelligente, il quale mi faceva notare l'estrema mia violenza in tante delle mie manifestazioni. Con violenza ne rifiutavo la veridicità, ma col tempo mi sono resa conto quanto avesse ragione.
Nella letteratura, invece, riesco a tenere lontano da me ciò che è crudo e cruento, ma di violenza leggo continuamente. Attualmente sono concentrata su un autore giapponese, per cui la violenza di un harakiri o di un incontro di kendō sono di ordinaria descrizione, ma descritto in maniera talmente poetica da sembrare una lama di piuma.
Cinematograficamente parlando, ho avuto un impatto giovanissimo con la violenza dal momento che mia sorella maggiore era (ed è ancora) appassionata di thriller e film di Dario Argento. Ecco, quei film non li riuscivo né a guardare né a concepire, pur tuttavia ne ero fortemente attratta, perché nonostante coprissi gli occhi, ascoltavo la trama e tessevo le immagini nella mia mente.
Anche il concetto "violenza" può assumere mille sfumature, dalla più tenue e sottile, forse subdola, a quelle più evidenti.